Il coro
L’ICS Morosini Manara è una scuola che canta.
Ecco cosa scrive un papà , corista, la mattina del nostro concerto di fine anno, il 5 giugno 2013:
Carissimi
le ore precedenti il nostro concerto si stanno caricando d’attesa.
Sistemati gli imperativi tronchi nel programma, scovati dal professore-basso e stipati i frigoriferi di spumanti e vini: tutto appare pronto. E tutto è calma.
Nella zona intorno alla scuola, intanto, stamattina si sono visti loschi figuri-tenori avvicinare i passanti per spacciare CD stupefacenti (“vuoi provare un Siyahamba da sballo?”), mentre signore-soprano insospettabili e timorate si scambiavano le ultime registrazioni (“scambio un ave verum con un miserere”), come ai tempi delle figurine alle elementari. Insegnanti-contralto torturavano i loro alunni spiegando le linee melodiche, voce per voce, di incomprensibili brani di musica sacra.
Ognuno di noi, nella sua postazione di lavoro, ora cerca di lavorare e intanto canticchia.
Negli studi legali gli atti assumono ritmo e tono, a suon di musica: e se mettessimo un crescendo di parole forti? Una frase ad effetto? Un’indignazione crescente come neanche Gesù di fronte a Giuda in J.C.S.? Tipo: “i ragazzi non si picchiano!”, come ha esclamato la teste davanti ai carabinieri che arrestavano per picchiare e picchiavano per arrestare.
Nelle redazioni dei giornali sportivi le cronache delle partite di tennis diventano irriconoscibili: “l’atleta non ha mordente”, “il suo rovescio non trilla più come una volta”.
Persino negli austeri sportelli bancari, tra i conti che non tornano, s’insinuano suoni melodici.
I nostri collaboratori e amici attendono pazienti il superamento dell’evento (“passerà anche questo concerto!”).
Intanto il maestro guru è irraggiungibile dalla stampa, ma circola una sua dichiarazione: “quei ragazzi hanno dato il massimo. Ma l’anno prossimo voglio di più! Toccherà loro la prova più ardua: lo studio della collezione completa dei salmi di Vivaldi, in ebraico!”
Ai coristi si raccomandano un pranzo leggero e un aperitivo robusto, meglio analcolico.
Nel pomeriggio sono previste sedute individuali di allenamento: ti, ti, ta, taratarata!
Sul far della sera, quando l’ansia crescerà , cominceremo a consumare nervosamente schegge di zenzero, recuperate dagli angoli più nascosti della scuola.
E arriverà il momento del concerto. L’attimo di silenzio carico di emozione che precede l’attacco.
Fino allo “spettacolo” di Mauro che dirige: seguendo le varie voci con il movimento dello labbra, rivolgendo lo sguardo ai diversi cantori e alle diverse sezioni del coro, suggerendo loro gli attacchi e le dinamiche del suono, incoraggiandoli, affinché ciascuno faccia risaltare bene la propria parte. E il suono proromperà magicamente, senza sapere né come né perché. Ognuno con la sua voce e un suono solo da tutti.
Ha scritto Daniel Barenboim: “cercavano di suonare la stessa nota, con la stessa dinamica, con lo stesso suono, con la medesima espressione. Provavano a fare qualcosa insieme. Niente di più. Bene, dopo aver eseguito quell’unica nota, non si sarebbero potuti guardare allo stesso modo, perché avevano un’esperienza in comune”. E’ qui il senso, l’esperienza indicibile del cantare insieme.
A stasera. Roberto